Un'escursione nel Parco dell'Aveto è sempre piacevole, la associo istintivamente alla certezza di trovare paesaggi punteggiati di prati verde smerldo.
L'itinerario è tratto da una mini-guida del Parco, che pone la partenza dal Castello dei Malaspina di Santo Stefano d'Aveto. Si segue la strada asfaltata segnalata da simboli di colore giallo - non ricordo se un cerchio, un triangolo o un rombo, che parte a sinistra del castello se vi trovate nei pressi del bar Leon d'oro, e si prosegue per un quarto d'ora tra case vacanza e il borgo di Roncolungo fino ad arrivare a un sentiero che si distacca a sinistra dell'asfaltata (già fuori del paese). Qui bisogna oltrepassare il rio Fossato Grosso, dopodichè si è immersi nella natura: gli agognati prati verdi, un po' di bosco, ruscelletti (e zone pantanose); c'è anche uno strano pino, forse un tipo di pino mugo, che ha in effetti i caratteristici rami ascendenti come dice la guida, e strane terminazioni a forma di mano che abbiamo notato noi; se così fosse, queste strane piante rappresenterebbero "resti di antiche pinete montane rarefatte dai cambiamenti di clima avvenuti dalla fine dell'ultima glaciazione ad oggi. E' proprio con l'espandersi dei ghiacci che l'antenato di questo pino si è spinto dalle Alpi lungo la catena appenninica per poi rimanervi oggi in pochissime località, con piccoli popolamenti costituiti da individui diversificati dalle popolazioni originarie.". Si nota anche la presenza massiccia di fiori gialli, forse orchidee selvatiche, oltre a una miriade di altri fiorellini.
L'itinerario è tratto da una mini-guida del Parco, che pone la partenza dal Castello dei Malaspina di Santo Stefano d'Aveto. Si segue la strada asfaltata segnalata da simboli di colore giallo - non ricordo se un cerchio, un triangolo o un rombo, che parte a sinistra del castello se vi trovate nei pressi del bar Leon d'oro, e si prosegue per un quarto d'ora tra case vacanza e il borgo di Roncolungo fino ad arrivare a un sentiero che si distacca a sinistra dell'asfaltata (già fuori del paese). Qui bisogna oltrepassare il rio Fossato Grosso, dopodichè si è immersi nella natura: gli agognati prati verdi, un po' di bosco, ruscelletti (e zone pantanose); c'è anche uno strano pino, forse un tipo di pino mugo, che ha in effetti i caratteristici rami ascendenti come dice la guida, e strane terminazioni a forma di mano che abbiamo notato noi; se così fosse, queste strane piante rappresenterebbero "resti di antiche pinete montane rarefatte dai cambiamenti di clima avvenuti dalla fine dell'ultima glaciazione ad oggi. E' proprio con l'espandersi dei ghiacci che l'antenato di questo pino si è spinto dalle Alpi lungo la catena appenninica per poi rimanervi oggi in pochissime località, con piccoli popolamenti costituiti da individui diversificati dalle popolazioni originarie.". Si nota anche la presenza massiccia di fiori gialli, forse orchidee selvatiche, oltre a una miriade di altri fiorellini.
Di sfondo ovviamente il Groppo Rosso, un ammasso roccioso quasi elegante per come è plasmato. La guida dice che "Groppo" è un termine dialettale che indica un "rilievo evidente" (ma non credo la traduzione fosse indispensabile!), mentre "Rosso" indica il fatto che la montagna assume un colore rossastro al tramonto, dovuto alla presenza dei sali di ferro ossidati nelle rocce.
A un certo punto ovviamente inizierà la salita, dapprima su un sentiero pietroso che si inerpica tra qualche arbusto e rari alberi, per inoltrarsi poi nella faggeta. Si incontrerà poi un bivio che pone a pochi minuti il Passo del Bocco: noi non l'abbiamo trovato ma dopo un quarto d'ora abbiamo comunque trovato una salita al Groppo. Usciti dalla faggeta spunta fuori la vetta, in realtà più di una, coperta da prati; molto più sotto, il panorama di Santo Stefano d'Aveto, che un po' mi ricorda il panorama di Cichero, chissa perchè.
La via del ritorno segue sempre la stessa segnaletica gialla, e può passare per diverse vie: noi siamo passati per la via che conduce al rifugio Astass, una casetta di pietra nel bosco sempre aperta. Dentro c'è una piccola stufa di quelle antiche, basse e un po' "barocche" a mio personale sentimento; un po' di legna; una lunga tavolata con mozziconi di candele in bottiglie di vetro; sopra al tavolo un grande soppalco di legno con qualche materasso; uno scaffale con un po' di viveri; un'altro stanzino/dispensa/legnaia; il diario del rifugio. A mio parere un rifugio tenuto molto bene per essere sempre aperto (e a disposizione di qualunque vandalo), peccato per l'oscurità dovuta al bosco e alla presenza di una sola finestrata anche se ampia. Noi poi siamo scesi direttamente a Roncolungo e poi a Santo Stefano, ma si può anche passare, dal Passo della Roncalla, per il prato della Cipolla, che la guida dice di essere "una modesta conca di origine glaciale chiusa a meridione da uno sbarramento morenico". Senza la guida si scopre che questa conca è una "zona umida", con la guida si scopre che questo ambiente favorisce la presenza di specie carnivore (la rosolida) e della rana temporaria. E' presente anche qui un rifugio, di recente costruzione; nei periodi "turistici", estivi e invernali, quando è anche in funzione la seggiovia, qui si riempe di sdraio e/o asciugamani, a seconda della stagione; in questi periodi il rifugio provvede anche a organizzare pranzi/cene, ciaspolate, etc.
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