martedì 29 giugno 2010

MTB: Gattorna - Passo Romaggi

Un itinerario non troppo faticoso, e abbastanza panoramico in certi punti, da dove si può vedere l'intera vallata. La lunghezza è dell'ordine di una quarantina di km (andata e ritorno), il dislivello di circa 700 metri.


Da Gattorna si prosegue in direzione Chiavari fino ad arrivare a Calvari; qui si gira a sinistra, e inizia la salita, lungo via del Ramaceto. Si incontrano i paesi di Prato Officioso e Certenoli, uliveti e boschetti di noccioli. Dopo un po' di chilometri, con la strada che diventa sempre più panoramica, si raggiunge Romaggi, dopo una svolta al monte. Qui c'è un rinomato ristorante, che più di una volta ha ospitato giocatori della Samp. Si prosegue sotto gli alberi ancora una mezzoretta, prima di arrivare al Passo Romaggi, o Passo Pozza del Lupo. Proseguendo ancora si entra nella bella Val Cichero, abbracciata dal Monte Ramaceto.

Un'alternativa per il ritorno è continuare per la Val Cichero e ridiscendere fino a Carasco, per poi risalire sulla SP225 in direzione Genova.

lunedì 28 giugno 2010

MTB: Gattorna - Scoffera - Rossi - San Marco d'Urri - Gattorna

Un bel percorso, panoramico e non troppo faticoso. La lunghezza è di circa 35 km, ma non ci sono picchi di pendenza, il dislivello è abbastanza ben distribuito sulla lunghezza.


Da Gattorna si prosegue in direzione Genova, passando per Donega e Acqua di Ognio, fino ad arrivare a Ferriere; qui si prende il bivio a destra e si prosegue sotto gli alberi. E' questa una strada, insieme a quella diretta al Monte Fasce, molto frequentata da motociclisti soprattutto di domenica: una targa ricorda un giovane morto tra questi tornanti. Da ricordare anche però che d'estate è facile trovare, a bordo della strada, cespugli di more e magari qualche fragolina di bosco! Dopo un po' di chilometri si arriva al paesino di Boasi; per rifocillarsi di acqua bisogna proseguire ancora un po', fino a trovare una fontana sulla destra. Il percorso prosegue sempre più allo scoperto, fino ad arrivare a una specie di sella: qui una piccola galleria conduce a Sottocolle, di fronte a un bar. Quando non c'era ancora la super-strada Ferriere-Bargagli, con annessa galleria, credo che per andare a Genova bisognasse passare di qui! Da Sottocolle si prosegue a destra, e poi a sinistra - a destra la galleria fa proseguire per Laccio. Ancora qualche chilometro in un paesaggio più verde, prima di arrivare a Scoffera e all'annesso Passo della Scoffera; qui c'è un panificio e una fontana più avanti, dopo il cartello del Passo, a sinistra. Per proseguire, si continua sulla strada principale in direzione Laccio - l'altra diramazione porta alla località Tercesi: dopo poco c'è il bivio per Rossi, sulla destra. Qui la strada si restringe parecchio, e il fondo peggiora; è una strada poco frequentata, è più probabile trovare gente a piedi che macchine. Si prosegue per lo più sotto agli alberi per qualche chilometro, prima di arrivare su una sella del Monte Lavagnola: da qui c'è indiscutibilmente una bella vista... E finalmente, solo discesa! Più o meno velocemente si oltrepassano Rossi, Crovara e Pezza, prima di arrivare a San Marco d'Urri; di qui si arriva velocemente al congiungimento con la SP225, nei pressi di Acqua di Ognio, poco distante da Donega e indi da Gattorna.

MTB: Gattorna - Monte Fasce

Meno impegnativo del Passo del Portello: lunghezza circa 35 km (andata e ritorno), dislivello 600-700 metri, pendenza media 4,7%.


Dal bar-gelateria Beneitin di Gattorna si svolta sul ponte, indi si prosegue sulla strada principale, a destra quindi; si passa per Cassanesi e fino sotto Tribogna (non si passa per il paese) la strada è tornantosa e all'ombra; sull'asfaltata ci sono punti di incontro con una mulattiera che porta fino a Gattorna. Vicino Tribogna si incontrerà un bivio: bisogna proseguire sulla via principale, comunque a destra. A Pian dei Preti la strada gira dietro al monte, indi si arriva a Colle Caprile (470 metri); al bivio, bisogna imboccare la destra - c'è comunque un cartello, e si arriva a Calcinara; dopo al paese, prima di inoltrarsi di nuovo tra gli alberi, la strada ha una deviazione a sinistra: inizia la salita! Nei primi tratti è all'ombra, con qualche curva; lasciati gli alberi, si è sotto l'imbatto del sole, ma la vista ripaga: a meno che non sia una giornata particolarmente nebbiosa, si vede il mare e Sori. Da qui iniziano ad esserci i caratteristici piazzali: di domenica è facile incontrarvi papà con bimbi sulle loro macchinine-giocattolo, aquiloni in aria, e soprattutto elicotteri/aerei telecomandati; qualche ciclista, sicuramente più motociclisti, ma anche semplici camminatori; la sera qualche macchina qua e là appartata... E sicuramente anche qualche losco traffico. A sinistra c'è anche una cappelletta di pietra semi-nuova.
Proseguendo avanti si arriva all'agglomerato di Cornua: una decina di case, non di più, una macelleria, un bar/ristorante, e un eco-mostro, uno scheletro di palazzina lasciato lì a ricordarci che siamo in Italia. Appena dopo il paese inizia una delle salite più ripide che io conosca: non so di preciso la pendenza, ma più della prima non si riusciva a mettere. Alla fine della salita c'è un altro spiazzo, un po' di bosco e, a sinistra un rudere e un'altra cappelletta, a sinistra uno spiazzo nascosto tra gli alberi e, più sotto, prati per pic-nic. Proseguendo, la strada è quasi in piano, e passa tra l'erba ingiallita dei monti, qualche pino, casolari di improbabili a mio conto pastori.

Dopo una discesa (la prima), e un'altro spiazzo, si arriva finalmente ai piazzali finali: a destra il panorama di Genova, a sinistra il Golfo Paradiso (si vede bene Punta Chiappa). Di qui, a piedi, si può fare una breve camminata partendo dalla mulattiera a fianco dell'allevamento di mucche. Il Monte Fasce (834 metri) si riconosce dalle innumerevoli antenne e dalle "galatine" (i dischi bianchi) poste sulla cima arrotondata; proseguendo dal piazzale di sinistra su un'altra mulattiera si può arrivare alla cima. Se si prosegue poi sull'asfaltata, si arriva fino a Genova passando per Apparizione.

In alternativa, è possibile, potendo partire sempre da Gattorna, passare da Lumarzo e Pannesi: ci si congiunge al bivio prima di Calcinara, e qui la deviazione per il Fasce è quindi a sinistra; oppure si può, partendo da Gattorna o Ferrada, passare per Tribogna e, attraversando il Passo della Spinarola, da Salto arrivare sino a Uscio e poi al bivio dopo Calcinara.

domenica 27 giugno 2010

MTB: Gattorna - Passo del Portello

Itinerario che per me è stato sicuramente impegnativo; il dislivello è di circa 900 metri, e costante: tutta salita all'andata, tutta discesa al ritorno; la lunghezza è dell'ordine di una quarantina di km, andata e ritorno, la pendenza media è dell'ordine del 6%, ma dopo Roccatagliata si arriva anche oltre il 9%. Il paesaggio non è dei migliori: a parte i tratti finali, le uniche amenità possibili sono i paesi, per chi non li conosce già; soprattutto Corsiglia e Roccatagliata, perché Neirone non è nulla di che - l'unica cosa interessante da dire è che verso metà luglio c'è festa, e una tra le varie serate è dedicata all'acciuga fritta! I paesini successivi, Poggetto, Campassa, Giassina, sono più panoramici (siamo già oltre i 700 m).

Al Passo del Portello si arriva dopo un tratto libero da fonti di ombra, così come il Passo stesso; soprattutto in estate, un po' di ristoro lo può dare l'ombra della cappelletta - almeno al nostro passaggio, era chiusa. Dal Passo si può proseguire, sempre in bici, per Torriglia (ma la lunghezza è almeno pari al tragitto per Gattorna), oppure è possibile arrivare, a piedi, fino al Monte Lavagnola, o a Barbagelata.

Trekking... in bicicletta

Ripensando a tutte le camminate fatte, mi sono chiesta: perché non inserire le scalate in bicicletta - rigorosamente MTB?

Si, pedalare non è camminare, l'asfalto non è un sentiero, e cambia il ritmo; è più faticoso, non c'è reale contatto, non si possono toccare i fiori né osservarli da vicino, se non fermandosi ogni volta.

Non c'è bisogno di una cartina, ci sono cartelli, indicazioni... E' scontato dirlo, ma sull'asfalto è difficile perdersi. E questo regala una grande libertà: il poter prendere una strada a caso e vedere fino dove arriva, potersi perdere ma solo per il tempo necessario per capire che se c'è una strada da qualche parte arriverà, perchè non si perde tra i boschi e non svanisce nell'erba incolta!

Anello del Groppo Rosso

Un'escursione nel Parco dell'Aveto è sempre piacevole, la associo istintivamente alla certezza di trovare paesaggi punteggiati di prati verde smerldo.

L'itinerario è tratto da una mini-guida del Parco, che pone la partenza dal Castello dei Malaspina di Santo Stefano d'Aveto. Si segue la strada asfaltata segnalata da simboli di colore giallo - non ricordo se un cerchio, un triangolo o un rombo, che parte a sinistra del castello se vi trovate nei pressi del bar Leon d'oro, e si prosegue per un quarto d'ora tra case vacanza e il borgo di Roncolungo fino ad arrivare a un sentiero che si distacca a sinistra dell'asfaltata (già fuori del paese). Qui bisogna oltrepassare il rio Fossato Grosso, dopodichè si è immersi nella natura: gli agognati prati verdi, un po' di bosco, ruscelletti (e zone pantanose); c'è anche uno strano pino, forse un tipo di pino mugo, che ha in effetti i caratteristici rami ascendenti come dice la guida, e strane terminazioni a forma di mano che abbiamo notato noi; se così fosse, queste strane piante rappresenterebbero "resti di antiche pinete montane rarefatte dai cambiamenti di clima avvenuti dalla fine dell'ultima glaciazione ad oggi. E' proprio con l'espandersi dei ghiacci che l'antenato di questo pino si è spinto dalle Alpi lungo la catena appenninica per poi rimanervi oggi in pochissime località, con piccoli popolamenti costituiti da individui diversificati dalle popolazioni originarie.". Si nota anche la presenza massiccia di fiori gialli, forse orchidee selvatiche, oltre a una miriade di altri fiorellini.

Di sfondo ovviamente il Groppo Rosso, un ammasso roccioso quasi elegante per come è plasmato. La guida dice che "Groppo" è un termine dialettale che indica un "rilievo evidente" (ma non credo la traduzione fosse indispensabile!), mentre "Rosso" indica il fatto che la montagna assume un colore rossastro al tramonto, dovuto alla presenza dei sali di ferro ossidati nelle rocce.

A un certo punto ovviamente inizierà la salita, dapprima su un sentiero pietroso che si inerpica tra qualche arbusto e rari alberi, per inoltrarsi poi nella faggeta. Si incontrerà poi un bivio che pone a pochi minuti il Passo del Bocco: noi non l'abbiamo trovato ma dopo un quarto d'ora abbiamo comunque trovato una salita al Groppo. Usciti dalla faggeta spunta fuori la vetta, in realtà più di una, coperta da prati; molto più sotto, il panorama di Santo Stefano d'Aveto, che un po' mi ricorda il panorama di Cichero, chissa perchè.

La via del ritorno segue sempre la stessa segnaletica gialla, e può passare per diverse vie: noi siamo passati per la via che conduce al rifugio Astass, una casetta di pietra nel bosco sempre aperta. Dentro c'è una piccola stufa di quelle antiche, basse e un po' "barocche" a mio personale sentimento; un po' di legna; una lunga tavolata con mozziconi di candele in bottiglie di vetro; sopra al tavolo un grande soppalco di legno con qualche materasso; uno scaffale con un po' di viveri; un'altro stanzino/dispensa/legnaia; il diario del rifugio. A mio parere un rifugio tenuto molto bene per essere sempre aperto (e a disposizione di qualunque vandalo), peccato per l'oscurità dovuta al bosco e alla presenza di una sola finestrata anche se ampia. Noi poi siamo scesi direttamente a Roncolungo e poi a Santo Stefano, ma si può anche passare, dal Passo della Roncalla, per il prato della Cipolla, che la guida dice di essere "una modesta conca di origine glaciale chiusa a meridione da uno sbarramento morenico". Senza la guida si scopre che questa conca è una "zona umida", con la guida si scopre che questo ambiente favorisce la presenza di specie carnivore (la rosolida) e della rana temporaria. E' presente anche qui un rifugio, di recente costruzione; nei periodi "turistici", estivi e invernali, quando è anche in funzione la seggiovia, qui si riempe di sdraio e/o asciugamani, a seconda della stagione; in questi periodi il rifugio provvede anche a organizzare pranzi/cene, ciaspolate, etc.

sabato 26 giugno 2010



Le montagne sono pietra morta, la gente

ne ammira od odia l'altezza, l'insolente tranquillità,
le montagne non s'addolciscono né si preoccupano
e i pensieri di alcuni uomini morti hanno la stessa tempra


(da "Nelle terre estreme" di Jon Krakuer)


martedì 22 giugno 2010

Monte Ramaceto

Ho posato i piedi su questa vetta già tre volte: partendo da Ventarola, o dal congiungimento delle due strade che portano a Orero e Lorsica, in versione invernale o estiva. E' una di quelle cime che un fontanino non può non aver mai visitato, insieme al monte Caucaso.

La versione più breve (ma non saprei se meno faticosa) è quella che pone la partenza dal congiungimento. Segue il segnavia X rosso, che teoricamente ha il suo inizio a Pianezza... qualche chilometro più a valle. Si può arrivare dalla parte di Lorsica o di Orero: la strada da Orero è più panoramica ma meno asfaltata, quella di Lorsica è l'opposto. Dal congiungimento, da cui è comunque possibile proseguire per la sterrata, che avvicina ancora di più alla vetta, si imbocca un sentierino pietroso che passa inizialmente sotto alcuni alberi; per la maggior parte del percorso è però sgombro da fonti di ombra.

Dopo un quarto d'ora circa cominciano ad infoltirsi gli alberi, e si arriva a un bivio: proseguendo sul sentiero principale si arriva al Monte Pagliaro passando per il Passo Ventarola Nord; imboccando il sentiero a destra, di nuovo sgombro di piante, si sale alla vetta. In breve si giunge a una sella, che alcuni chiamano "il ballo", e poi si prosegue lungo il crinale: a sinistra la faggeta, a destra un paesaggio d'erba, pietre e qualche arbusto, e un panorama sempre più vasto. Facendo un'ultimo sforzo per la salita finale, si arriva alla Vetta Sud (1318 m): soprattutto nelle mattinate invernali, la vista è mozzafiato! La linea del mare è alta, e le vette innevate delle Alpi sembrano così vicine! D'estate invece il mare sì, si vede, ma forse è più piacevole la vista della valle di Cichero ai propri piedi: si vede il monte degradare fino ai primi arbusti gialli, poi ai primi prati, poi alle prime case... Da qualche parte ho letto che questo comprensorio viene preso come modello di come appunto una valle dovrebbe essere.
La Cappelletta di pietra, ricostruita dopo essere stata rovinata da un fulmine, è abbastanza capiente per due o tre persone; con due panche di pietra interne, può servire da rifugio notturno, anche se dal lato ovest presenta solo un cancelletto: leggiamo nel diario custodito in un cassettone di legno che due ragazzi hanno effettivamente trascorso la notte qui! Esternamente, è dotata di altre due panche, sempre di pietra: una è rivolta al versante padano, l'altra verso il mare; potersi sedere e bere qualcosa di caldo dopo una scalata invernale tra neve e ghiaccio è qualcosa di indescrivibilmente piacevole. E' presente anche un altare di pietra: la prima domenica di luglio qui si fa festa. Una messa in compagnia della madonnina posta lì a fianco, carne sulla ciappa, tavolate e spazi per montare le tende vicino all'altra vetta (Vetta Nord - 1345 m), che si raggiunge nel giro di cinque minuti, ridiscendendo verso nord la vetta sud: qui c'è un cartello con mappa con curiosità e informazioni. Tra cui la presenza di aquile reali e lupi... Proseguendo un po' a pelo di precipizio, si arriva alla postazione-tende: coperta da qualche faggio, abbastanza pianeggiante, all'ombra ma con un bel panorama davanti, è proprio una bella posizione per piantare una tenda! Nelle vicinanze, coperta dalla faggeta, c'è anche una lunga tavolata con annesse panche di legno. Unico neo? Fonti d'acqua non a comoda distanza!

Camogli - Punta Chiappa

Più che un'escursione è una passeggiata; il segnavia è rappresentato da due pallini rossi.

Si parte da Camogli presso il torrente Gentile; dopo aver costeggiato per un breve tratto il torrente, si sale a San Rocco con una bella scalinata, e qui una sosta è dovuta per una foto al golfo Paradiso (sopra); da qui si scende e ci si inoltra tra gli alberi, ma il rumore del mare vi accompagna comunque. Si arriva poi a un piccolo nucleo di case il cui centro è la chiesetta di San Nicolò di Capodimonte; è strano pensare che solo via mare o via piedi si può arrivare fin qui. Più avanti si arriva a porto Pidocchio, un minuscolo porticciolo che ci si domanda come faccia a non essere distrutto dopo qualche tempesta. Dopo poco si arriva a punta Chiappa, una punta di conglomerato, che regala un'atmosfera da paesaggio bretone, forse per la scogliera a picco verso Levante, o per il vento.


Ricordo che da Camogli e porto Pidocchio è presente un servizio battelli!
Consiglio, prima della passeggiata o al ritorno, una visita a Camogli, al suo lungomare e alle stradine che passano in mezzo a queste case alte e colorate... e alla creperia bretone!

giovedì 18 marzo 2010

Corniglia - Monterosso

E' un saliscendi di circa tre ore effettive, che consiglio prima di tutto di fare con calma: sono tantissimi i punti in cui fermarsi a guardare (e sentire) il mare che si frange sugli scogli, scoprire fiori che non avevi mai visto e, soprattutto, esplorare i paesi con le loro strette vie, e con odori che cambiano di metro in metro; inoltre, consiglio di prendersi una bella giornata feriale, con tanto sole e magari a inizio primavera!

Noi abbiamo preso il treno fino a Corniglia: dalla stazione, messa un po', come dire, in disparte e quasi abbandonata, si salgono circa 380 gradini tutto sommato gradevoli con il venticello primaverile alle spalle; il paese sta infatti arroccato su un promontorio, e non è neanche tanto piccolo; è indispensabile una capatina alla terrazza sul mare: ci si arriva percorrendo il carugio principale in direzione -ovviamente- del mare, tra tante casette e altrettanti appartamenti e camere in affitto.

Per proseguire verso Vernazza si procede per un tratto ancora dentro al paese, poi si attraversa la strada per imboccare un sentierino che attraversa un piccolo (e maleodorante, almeno al nostro passaggio) ruscelletto e passa oltre a una casa rustica in cui sembra alcuni giovani stranieri vogliano stabilircisi per un bel po'. Il sentiero poi, almeno in primavera, passa attraverso un uliveto bruciato ma cosparso di bellissimi fiori gialli su un prato verdissimo! Si sale un po', e i punti panoramici sono molteplici: si vedono anche le spiaggie di Guvano, peraltro raggiungibili. Dopo un piccolo agglomerato di case, Prevo, senza dimenticare il punto ristoro dominato dalla presenza di gatti, si arriva a Vernazza, paesino davvero delizioso, un piccolo porticciolo, carino ma senza pretese, tutto raccolto. Qui ci fermiamo a mangiare i nostri panini sugli scogli, come una cinquantina di altre persone (era domenica!).

Dopo una piccola sosta ripartiamo verso Monterosso; le caratteristiche del sentiero non cambiano di molto, e si incontra un altro punto ristoro di nuovo capitanato da gatti! Vernazza è più o meno a metà strada della camminata, quindi bisogna calcolare un'oretta e mezza per arrivarci. Prima di arrivare alla meta, scavalcando una recinzione bucata credo si possa raggiungere un nuovo percorso che raggiunge il promontorio a est del paese; ma dato che abbiamo saltato questa tappa, non possiamo assicurare niente.
Non aspettatevi da Monterosso (il paese delle vacanze giovanili di Eugenio Montale!) di trovare un paesino raccolto come Vernazza... E' molto più turistico in senso generico, con la sua passeggiata, la sua lunga spiaggia... Sta a metà tra paesini come Vernazza, Corniglia e i "siti turistici" liguri per eccellenza, Rapallo, Santa Margherita, etc.

Come ultime informazioni utili, non siate intimoriti dalle stazioni di controllo dei biglietti del Parco (quali biglietti?!), nessuno credo li faccia, a parte ovviamente quelli che riguardano la Via dell'Amore; se volete fare il tragitto completo Riomaggiore-Monterosso, impiegherete circa 5 ore effettive, quindi una giornata ci vuole tutta!; le Cinque Terre sono molto amate, soprattutto da "furesti" (in genovese, gli stranieri, ma anche italiani non liguri, etc...): se volete un po' più di tranquillità, scegliete i giorni meno festivi che ci sono!

giovedì 11 febbraio 2010

Monte Bue - Monte Maggiorasca - Lago Nero - Fontana Gelata

Una bellissima escursione, fatta l'estate scorsa!

Siamo arrivati nelle vicinanze di Prato Cipolla tramite la nuova seggiovia, che all'epoca era stata aperta dall'inverno precedente. Il Prato consiste in una sorta di piccola valle, che in inverno ospita una piccola pista baby per bambini e principianti; dall'apertura della seggiovia è stato anche restaurato il vecchio rifugio.

Subito a destra del rifugio parte un sentierone piuttosto ripido che dopo qualche passo gira subito verso il Monte Bue (qui a lato); in estate abbiamo incontrato su questo sentiero qualche rigagnolo ma niente che possa aver dato problemi. La cosa che più colpisce sono però i prati, verdi, verdissimi e fioriti, davvero una bellezza; soprattutto risalendo il Bue, e anche all'incrocio con il sentiero del Lago Nero, si rimane estasiati da queste distese fiorite... Sulla cima del monte si trova un rifugio abbandonato, piuttosto grande, assieme a un casolare della vecchia cabinovia (credo) e a un'altra struttura orribile simile a un mini-hangar; non proprio una bellezza, insomma! Nei prossimi anni (forse già dal prossimo inverno) sarà attivata una linea di skilift o qualcosa del genere che collegherà Prato Cipolla al Monte Bue, ma non so di preciso se saranno mantenuti i vecchi stabili.

Proseguendo verso il Monte Maggiorasca, ci siamo imbattuti in una piccola tromba d'aria, lungo il sentiero che passa "dietro" al Bue; il sentiero poi si allarga ancora e prosegue con una discesona piena di pietraccie: attenzione ai ruzzoloni! Dopo aver attraversato un boschetto si raggiunge la cima un po' arrotondata del Maggiorasca: ben più piacevole del Monte Bue, con dei bei prati, un'alta madonnina e una vista più apprezzabile forse (e gli antennoni e "galatine" poco più in là). Qui è il posto ideale per una sosta con pranzo, ma il consiglio è quello di coprirsi un po': anche se non sarà stata un'immensa fatica giungere fin qui, una magliettina sopra non fa mai male, soprattutto se tira un'ariettina fresca ma costante e soprattutto se ci si vuol fermare a fare un pisolino (attenzione alle formiche!).

Tornando indietro, già che ci siamo, facciamo una capatina a questo Lago Nero: "Sarà davvero un lago o solo una pozza d'acqua? Sarà asciutto?"; la nostra curiosità sarà soddisfatta dopo ben più del q
uarto d'ora segnalato dal cartello (posto ai piedi del Bue, lo si incontra prima della sua risalita): il sentiero sembra il letto di un ruscello, pieno di pietroni; attraversa un boschetto buio e a tratti non proprio rassicurante! Ma dopo un po', ecco il lago! E' proprio un bel lago, tranquillo, adagiato in una specie di conca e circondato dai monti; le acque non sono proprio limpide, il colore è marroncino, ma sembra brulicare di bei pescioloni. Sulle sponde del lago sono presenti anche alcuni siti pic-nic, compresi di tavoli e panche in legno e, almeno dalla parte dello sbocco del nostro sentiero, anche di una sorta di barbecue con legna! Il cartello lì vicino informa di stare attenti a non causare incendi, e che il lago è un'area protetta e ad alto valore naturalistico.

Per tornare indietro, si può ritornare dal vecchio sentiero oppure imboccare un'altra via, verso la Fontana Gelata; il sentiero è una diramazione di quello preso in precedenza: l'imbocco è poco più su dell'arrivo al lago. La via verso la fontana è abbastanza piacevole, nell'ultimo tratto quasi piana; la Fontana Gelata consiste però solamente di un tubo d'acqua, ghiacciata per l'appunto e quindi non proprio l'ideale da bere subito! Il sentiero continua poi verso Prato Cipolla, sempre in piano.